Peer Innovation: il presente e il futuro delle imprese

 
Il 90% del tessuto produttivo italiano è fatto di MPMI. Nella quasi totalità si tratta di microimprese.
È in questa dimensione nazionale che si è resa necessaria una variazione rispetto a quanto è accaduto fino ad ora.
Diciotto anni fa, Henry Chesbrough pubblicava il saggio “Open Innovation: The New Imperative for Creating and Profiting from Technology”, lanciando di fatto un modello assunto da tutte le grandi aziende e sul quale le politiche pubbliche si sono concentrate per favorire i processi di trasferimento tecnologico dalle start up e dal mondo della ricerca verso le imprese.
Negli ultimi anni, all’interno degli ecosistemi innovativi, stanno diventando sempre più frequenti le esperienze di co-creazione e di co-innovazione tra pari. Assistiamo allora a micro, piccole e medie imprese che si uniscono per avere la forza di accelerare innovazioni di processo/prodotto, oppure a start up che collaborano in maniera strutturata. Così alcuni operatori dell’innovazione hanno coniato il termine Peer Innovation.

I DATI
Secondo l’EY Venture Capital Barometer 2020, l’anno scorso in Italia sono stati investiti 569 milioni in capitale venture, ben lontani dai dati europei ma di certo la migliore annualità di sempre per il Bel Paese. Però Lombardia, Piemonte e Lazio hanno concentrato l’82% dei fondi.
Secondo i dati di Dealroom, l’Italia (quarta economia d’Europa) è solo dodicesima come investimenti sulle start up. Tra il 2016 e il 2021 le imprese innovative italiane hanno incassato 3,6 miliardi di euro dagli investitori, contro i 76,4 nel Regno Unito, i 32,9 in Germania, i 25,9 in Francia. Il settore tech italiano, dice Dealroom, sembra sulla stessa traiettoria di crescita delle maggiori nazioni tecnologiche europee, ma con 5-10 anni di ritardo.
L’Aifi - l’associazione che raduna i principali operatori di venture capital e di private equity – ci ricorda inoltre che gli investitori in Italia sono circa una trentina, contro i 150 della Gran Bretagna, i 110 della Francia e i 160 della Germania.


MPMI vs CORPORATE
Soprattutto nelle fasi di seed e pre seed, le imprese innovative sono asimmetriche rispetto alle corporate, che dopo la validazione dell’idea imprenditoriale tendono ad acquisirla grazie a una posizione di forza che sfruttano anche durante la trattativa.
Al contrario, le MPMI difficilmente possono permettersi di fare ricerca tramite Open Innovation, quella che potremmo definire “Orizzonte uno”, cioè la diversificazione attraverso il prodotto. Inoltre i venture capital possono essere valutati solo dopo 5 anni. Da sole fanno pochissimi investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione, perché a causa delle dimensioni contenute hanno bisogno di concentrare le proprie risorse in commerciale e marketing. A questo si aggiunge una risicata disponibilità di capitale da investire in questi settori. Ecco perché le esperienze collaborative riescono a scavalcare tutti questi problemi e a dare a ciascuna la forza del gruppo diversificato.
Le start up, inoltre, si rivolgono al mercato BtoB e non riescono, da sole, ad avvicinarsi a quello BtoG, più grande ed economicamente importante perché è quello della Pubblica Amministrazione. La collaborazione consente invece di aprirsi a nuove opportunità, arrivando a bandi che fino a poco tempo prima erano di fatto inaccessibili.
Per tutti questi motivi, 012factory ha creato un modo modello di gestione dell’innovazione che, vista la predominanza di micro e piccole imprese, ha la potenzialità di far crescere quasi tutto il tessuto produttivo italiano.


IL CONSORZIO 012TECH
I distretti italiani hanno dimostrato una loro resilienza, quindi 012factory ha costruito una sorta di distretto virtuale e non fisico. Sono state scelte 10 start up incubate verticali in ambito di industry 4.0, che sono diventate un consorzio. Ciascuna di loro ha una propria specificità che sviluppa singolarmente e che affianca a quelle delle altre consorziate, in modo tale da potersi muovere tutte insieme in progetti più complessi che richiedono l’implementazione di competenze differenti.
È nata così la prima società a responsabilità limitata consortile start up innovativa fatta in Italia nell’ambito Orizzonte Uno (nuovi prodotti e procedure).
Le PMI italiane si pongono allora come venture client, apportando un valore aggiunto alle MPMI innovative. Queste trovano clienti per finanza (in bootstrapping), per validare progetti innovativi, ma anche per le imprese che hanno bisogno di un’innovazione modellata sulle proprie esigenze, con il vantaggio ulteriore di un costo più basso.
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